La situazione economica dell’Italia è piuttosto drammatica. Il paese sta affrontando ormai da anni una tendenza del ciclo economico strutturalmente bloccata, che nessun governo è ancora riuscito a sbloccare. La causa più grande è additabile all’elevato debito pubblico che è stato accumulato negli anni antecedenti l’ingresso dell’Italia nell’Euro.
Attualmente è opinione di vari politici, pensatori ed economisti che i limiti imposti dal trattato di Maastricht nel 1992 ai conti pubblici dei vari paesi sono da superare, se si vuole far riprendere in modo vigoroso la crescita. Se da un lato è vero che il famoso limite del tre per cento al disavanzo annuale non fu scelto sulla base di alcuna analisi scientifica, è altresì da sottolineare come i governi che si sono succeduti a cavallo dei due secoli non si sono mai posti limiti alle spese. La differenza tra l’Italia e altri paesi con elevati debiti pubblici nel corso del ventesimo secolo come il Regno Unito, la Svezia, il Canada e il Belgio è che questi ultimi hanno mantenuto un livello di debito che ha permesso di affrontare la crisi del 2008 con più tranquillità. Ovviamente per ogni paese è difficile affrontare una crisi finanziaria internazionale. Ma farlo con livelli di debito più bassi può aiutare. Così è accaduto. L’Italia si è fatta trovare impreparata alla grande crisi del 2008.
Cosa fare ora? Si può sostenere che, anche se l’Italia potrebbe aver bisogno di una spinta fiscale, semplicemente non ha più lo spazio fiscale per farlo, visto il già ingente onere del debito pubblico: aumentare ulteriormente le spese metterebbe in discussione la sostenibilità del debito.
Il problema di questo argomento è che il rapporto debito / PIL dipende molto da come il PIL cresce. Tuttavia, quest’ultimo non è invariante rispetto alla posizione fiscale.
Un’austerità più dura potrebbe invece essere controproducente se la crescita del PIL venisse danneggiata più della crescita del debito. Basti pensare al paradosso di Keynes: l’economia è un intero, cioè non è come una singola famiglia: cercare di spendere di meno e risparmiare di più può effettivamente portare a un risparmio minore con la caduta dei redditi.
Se uno stimolo fiscale riuscisse a riportare l’economia al suo trend di crescita, o meglio ancora, a migliorare il potenziale di crescita a lungo termine del paese, migliorerebbe effettivamente la sostenibilità del debito. Questo è il motivo per cui i bassi tassi di crescita italiani non sono un argomento di austerità, sulla base del fatto che un paese a bassa crescita può solo sostenere un debito minore.
Sono piuttosto un argomento di stimolo, perché il debito non può essere sostenuto con una crescita bassa. Caso esemplare è quello della Grecia che, dopo anni di severa austerità, ha perso un quarto del suo PIL. Il suo rapporto debito / PIL è ora più alto di prima, anche dopo una sostanziale cancellazione del debito.
Un contesto di tassi di interesse prossimi allo zero come quello attuale, confermato nuovamente da Mario Draghi fino alla fine del primo semestre del 2020, dovrebbe autofinanziarsi, anche se contribuisce a una crescita del PIL nominale solo leggermente positiva. Naturalmente, l’Italia paga sulle obbligazioni un premio considerevole rispetto al tasso di interesse della BCE, ma una buona parte di tale spread potrebbe essere eliminata con una rivisitazione delle regole riguardanti l’euro e i paesi membri.
Diversi commentatori sollevano anche la questione dell’equità intergenerazionale, affermando che spendere di più oggi indebitando le generazioni future è immorale. Anche se il debito pubblico non dovesse mai essere rimborsato per intero, il costo degli interessi per la manutenzione di una così grande fetta del debito può essere un onere considerevole per il futuro.
Mentre questo può essere vero, questo costo deve essere scambiato contro gli enormi costi della continua austerità attuale. Va anche notato che una larga parte del debito italiano è detenuta a livello nazionale, quindi i pagamenti degli interessi non sono un grosso onere per l’economia nel suo complesso (anche se portano a una redistribuzione).
Inoltre, come sottolineato sopra, lo stimolo fiscale oggi può effettivamente migliorare la sostenibilità del debito per le generazioni future, ponendo una fine più rapida a un periodo di crescita debole. Inoltre, è piuttosto un’austerità continua che è intergenerazionalmente ingiusta: mantenendo il tasso di disoccupazione giovanile del 30% e contribuendo all’effetto di isteresi, una generazione di giovani italiani avrà difficoltà a passare dalla scuola alla vita lavorativa, perdendo l’opportunità di acquisire abilità e danni permanenti alla carriera e alle prospettive di guadagno. Gli effetti dannosi dell’austerità potranno risuonare nei decenni a venire.
Stefano Grancini